Davide Forcellini

Tra bisturi e impresa: il racconto di un chirurgo imprenditore

Un chirurgo plastico racconta il suo percorso tra formazione, sfide imprenditoriali e benessere fisico e mentale. Una testimonianza sincera sull’importanza di unire competenza tecnica, preparazione mentale e visione.

Prima voglio partire proprio dalla professione che ho sempre fatto, quella del medico libero professionista. Io sono di estrazione un chirurgo plastico, quindi abbiamo un percorso formativo molto lungo, legato allo studio e all’università: sei anni di università, cinque anni di specializzazione e altri anni di formazione in fellowship — corsi specifici svolti in giro per il mondo per perfezionarsi.

Morale della favola: facendo i conti, si arriva a circa quindici anni di formazione. E dopo tutto questo, ti chiedi: "Benissimo, e adesso?" Perché va bene essere preparati, avere tecnica... ma ora serve una collocazione concreta.

Nel mio caso, per una serie di motivi — personali, familiari, lavorativi — sono tornato a San Marino dopo aver vissuto a Milano. Ho aperto uno studio, che poi è cresciuto al punto da spingermi ad acquistarne uno nuovo. Ho fatto un leasing di 15 anni, ripagato in 4. Ora sto lavorando all’apertura di una clinica, che dovrebbe vedere la luce il prossimo anno.

Parallelamente, lavoro come chirurgo ricostruttore in ospedale a San Marino, in qualità di consulente. Lavorando in uno stato piccolo, la presenza è limitata: circa un giorno a settimana.

A questo affianco attività accademiche: sono docente al Master in Chirurgia Estetica dell’Università di Milano e correlatore per una tesi di specializzazione. Ho però lasciato altri impegni accademici per poter seguire meglio la libera professione.

Capite bene che si finisce dentro una sorta di frullatore: tante attività, tanta gestione. Da qui nasce l'affinità con voi che fate i personal trainer: siete liberi professionisti, quindi prima di tutto dovete saper fare bene il vostro lavoro. Se io fossi un medico scadente, non avrei pazienti. Se non hai pazienti, il resto non conta.

Poi c’è la parte imprenditoriale: ho tre dipendenti, investimenti importanti, e sicuramente si può dire che io sia un imprenditore. Nove decisioni su dieci sono andate bene, una no. Ma come in medicina, se salvi il paziente nonostante una complicazione, hai fatto un buon lavoro.

Il mio lavoro ha due tipi di stanchezza: una mentale e una fisica. Fare il chirurgo, soprattutto ortopedico o plastico, richiede forza: stare in piedi 10 ore, fare movimenti ripetitivi. All’inizio non ce la facevo fisicamente. I miei maestri mi dissero: "Vuoi fare il chirurgo? Devi essere un atleta".

Quindi ho capito che serve una base fisica per reggere certi ritmi. Non sono un atleta, ma mi alleno con costanza. Il wellness ti dà il refresh mentale, ti ricarica. Fare attività fisica la mattina cambia la giornata.

Servono schemi mentali e obiettivi chiari. Se non te li poni, non raggiungi nulla. La formazione, la comunicazione, la costanza mentale: sono strumenti da avere sempre nella propria faretra, da usare al momento giusto.

Secondo me la strategia è questa: studiare, allenarsi, riposare. Entrare in un percorso di wellness anche mentale, per evitare il burnout. Conciliare lavoro e famiglia non è semplice. Ho una figlia, una moglie che è anche la mia segretaria. Vi lascio immaginare.

Infine, serve umiltà. Mettersi in discussione. Non sedersi sugli allori. È faticoso, ma ti fa crescere davvero. Vedo colleghi che hanno fatto altre scelte: meno lavoro, più tempo libero. Nessun giudizio. Ma se hai target alti, devi sfidarti ogni giorno.

Nel mio lavoro la comunicazione è tutto. Un medico che non comunica, crea disagio. Anche quando devi dare una notizia difficile, se la spieghi con onestà, le persone lo apprezzano. Non vendiamo prodotti con garanzia: lavoriamo su corpi, persone, attese. La comunicazione onesta è sempre la via che paga.